BeProsocial Point, ci siamo!

flyer-01<<Qui da noi stiamo bene, abbiamo tutto, c’è chi si prende cura di noi e ci dà tutto quello che ci serve>> esordisce così Giusi. E continua: <<Ci sono posti in cui non è così, dove c’è la guerra e la povertà o la persecuzione...>> Giusi mostra sulla cartina i Paesi del Nord Africa in cui maggiore è la tensione e nomina e indica alcune città.
<<Qui la gente vive male perché non ha più la casa che è stata distrutta dalla guerra, i bambini non possono andare a scuola, i genitori non hanno un lavoro e a volte sono costretti a nascondersi per non farsi trovare dagli assassini. Perciò spesso queste persone fuggono. Mettono insieme tutti i soldi che hanno potuto risparmiare e partono, pensando di venire in Europa e in Italia e sperando di trovare una vita migliore>>.
<<Danno tutti i loro soldi a certi criminali che li fanno viaggiare sui barconi>> interviene Claudia che, poiché segue ogni sera il telegiornale, è ben informata.
Enrico alza la mano e, timidamente, aggiunge:<<Sono Profughi, sono poveri>>.
Giusi incalza:<<Sì, arrivano qui da noi dopo aver perso tutto: hanno bisogno dei vestiti, delle scarpe, del cibo>> e presenta un punto di vista singolare o, quantomeno, inesplorato, per tutti i presenti: non abbiamo solo bisogno di ricevere. Possiamo anche decidere di dare. Anzi, c’è più gioia nel dare che nel ricevere. E poi ci chiediamo se noi di Mediterraneo vogliamo restare a guardare quello che accade oppure vogliamo fare qualcosa per i profughi. Si decide di chiedere agli amici e ai parenti di portare qui gli indumenti che non usano più, di trasformare Mediterraneo in un centro di raccolta di indumenti da distribuire poi agli immigrati. Naturalmente bisogna selezionare gli indumenti migliori che è possibile rigenerare e scartare quelli inutilizzabili. Naturalmente, bisogna che degli adolescenti che in qualche caso non hanno ancora appreso ad avere un’ adeguata cura di sè, imparino a stirare o altri che non hanno mai fatto la spesa, imparino ad utilizzare la lavanderia a gettoni.
E poi bisogna piegare, etichettare, confezionare …
La risposta è unanime: ciascuno si impegna a lavorare per il Be Prosocial Point.
<<Ma si fa a modo mio!>> conclude Marina.

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